Un laboratorio di fabbricazione a controllo numerico per lo sviluppo di materiali editoriali interattivi, sia multimediali, sia cartacei. Uno spazio dove produrre, giocare e imparare insieme, che offre servizi per la creazione e fruizione di contenuti e al contempo rafforza identità e coesione sociale.
Un luogo aperto e accogliente dove entrare in contatto con la tecnologia e gli strumenti della comunicazione per accrescere consapevolezza, competenza e autodeterminazione.

Hades| I- (di nuovo) negli Inferi

Non ci è passata la voglia di fare viaggi all’Inferno e dopo Saulo Lucci parliamo un po’ di videogame. Anche se prima facciamo un passo indietro.
La penultima settimana di Dicembre 2021 sono stati annunciati i vincitori degli Hugo Awards per miglior narrazione di genere fantasy/fantascientifica. Hades della Supergiant Games pare proprio essersi accaparrato il premio. La categoria in cui ha gareggiato, presente esclusivamente per il 2021 ma che da anni sgomita per entrare in via definitiva negli awards, lo vedeva contro il fenomeno Animal Crossing, Final Fantasy (non uno qualsiasi, il remake del VII), Blaseball, Spiritfarer e The Last Of Us II per cui la gente ancora si prende a sediate nonostante siano passati mesi.

A fine 2020 infatti, l’account Twitter degli organizzatori, la World Science Fiction Convention (DisCon III), ha dichiarato in un thread di voler includere la categoria negli awards in modo tale che si potesse assegnare un vincitore anche tra i videogame di qualsiasi sorta: dalla tripla A al piccolo gioco indie di narrativa interattiva creato da quattro sconosciuti dispersi ad Atlantide.
La motivazione pare essere l’innegabile presenza del videogame come fonte di narrativa fruita da molti appassionati di fantasy e fantascienza, nonché l’enorme peso che ha lo storytelling videoludico nella summa delle opere di fiction dei giorni nostri.

La categoria ancora non è permanente ma c’è l’intenzione di renderla tale. Al di là di Hades, ci pare essere un grosso evento che contribuisce ad allargare le maglie della rete che isola dal mondo il club esclusivo della cultura “alta”. Non è la prima volta che accade qualcosa del genere e non sarà nemmeno l’ultima. Apocalittici contro Integrati è una partita dall’esito (si spera) un po’ telefonato.

Si diceva, Hades ha trionfato.

Il concept è estremamente semplice e lineare: Zagreo, figlio di Ade, vuole scappare dagli Inferi. Sarà l’età da ribellino, sarà per la figura ingombrante del padre, o perché stare lì sotto non è nella “Top 5 vite invidiabili” (pure Persefone leva le tende con cadenza alquanto regolare), “Zag” tenta continuamente di fuggire da casa sua. Il padre, i minion e gli abitanti del Tartaro, continueranno imperterriti ad ostacolare la via del giovane. Ma se Ade ha le creature del regno dei morti dalla sua, Zagreo può contare su alcune figure amiche: Achille, la sua tutrice Nyx, gli Dei dell’Olimpo e addirittura le ambigue forze di Chaos.

Hades è un gioco dalle movenze molto semplici: si corre e si picchiano mostri infernali dalle fattezze più o meno ingombranti, si evocano effetti divini devastanti, e si salta da una parte all’altra della mappa sbalzando a destra e a manca tutto ciò che si para tra noi e il drappo rosso del torero piazzato sul bestione che vogliamo abbattere. C’è un muro tra l’arma di Zagreo e il suo obiettivo? Muri? Cosa sono i muri?
Il trailer che lanciò il gioco nel 2021 non può che riflettere l’approccio di combattimento nella maniera più spettacolare possibile: forti contrasti cromatici dominati dal rosso e dal nero, animazioni in due dimensioni ed effetti davvero esplosivi.

I pochi minuti animati sono stati prodotti durante la pandemia e per far sì che vedessero la luce è stato creato un team ad hoc, ovvero il gruppo di persone conosciute oggi sotto l’etichetta “Studio Grackle”. Il capitano di questa squadra di amici e talenti è nientemeno che Spencer Wan, uno degli animatori più promettenti sulla piazza americana.
Lo studio è stato fondato senza una reale intenzione: l’animatore venne contattato da Jen Zee di Supergiant per la creazione del trailer di lancio, e presto scoprì che la casa di produzione non sarebbe stata in grado di lavorare con lui a meno che non fosse sotto un’etichetta. Così, su due piedi e senza volerlo, Spencer Wan diede vita a Studio Grackle.


Lo storyboard, disegnato velocemente sui mezzi pubblici e poi ultimato per la consegna al committente, mantiene le tracce caratteristiche della mano di Wan: gestione dello spazio dato da una finta camera che rimane incollata a Zagreo fino a staccarsi e allontanarsi tutto d’un tratto, facendo scorrere velocemente il background innanzi a sé. Ma il centro rimane sempre e senza ombra di dubbio il giovane distruttore di colossi.
Il tempo, a braccetto con lo spazio invece, ha la solita caratteristica di venire dettato dal veloce pacing del movimento: Hades è un gioco in cui bisogna tirar giù grossi avversari, un gioco d’azione. Il tempo del trailer è dettato dal ritmo del combattimento e del moto turbinante dei nemici, sino a formare un climax con l’ultima sequenza.

Alcune scene estremamente concitate sono animate da Wheilin Zhang che tratta i movimenti come fossero flutti dello spazio, dei cicloni di cui Zagreo è l’occhio; con lui c’è Chen Xi Huang, animatore di Naruto (dai, il cartone giapponese sui ninja con le scarpette che lasciano le dita di fuori) e la serie sequel Boruto. Il suo Zagreo è diverso, più braccato: restituisce l’asfissia del Tartaro. L’obiettivo è raggiunto con un ragionamento spaziale diametralmente opposto al collega; si tratta infatti di una serie di colpi e movimenti che rimangono circoscritti al protagonista e non gli consentono tregua. Essi rendono quasi impensabile l’esistenza di uno spazio a latere della cornice nella quale si muove il protagonista e il suo avversario di cui vediamo la soggettiva.
Il linguaggio usato ha forse una valenza metanarrativa? Il nostro tempo di gioco è il tempo di combattimento? Ci stanno forse dicendo che il protagonista è comunque perennemente chiuso in un dedalo insuperabile?

Non è ancora detta l’ultima parola, chiusa tra le labbra dell’ultima scena: Zagreo risorge da una pozza di sangue che si prende qualche secondo per mettersi al centro dei riflettori grazie agli effetti di Hartova Maverick. Quelle bollicine ematiche ci pare quasi di poterle udire.
L’inquadratura rimane sul sangue ribollente per un istante finché il giovane emerge, si sistema i capelli in maniera molto sexy, e imbracciata la spada, fissa in camera con penetrante determinazione.


Il cut, la porzione di animazione realizzata senza che vi sia un cambio di inquadratura, è animata a passo 3, ovvero dei 24 frame al secondo, solo uno su tre è un disegno diverso dal precedente. Il movimento è fluido ma molto marcato, si gioca quindi sulla permanenza, la scena sembra più statica ma allo stesso momento più maestosa ed eroica: vediamo metanarratività in questo? Considerando che la resurrezione di Zagreo è il motore del gioco, il punto fisso dell’intera avventura, probabile che la risposta sia sì. Involontariamente, forse, ma sì.
Dobbiamo tenere però conto che la scelta di usare una determinata frequenza di frame all’interno di un cut è data sì da necessità produttive o di tempistiche, ma anche da precise decisioni riguardo il linguaggio unico dell’animazione.

Lo spettatore così ha ben presente l’immagine del bel giovane ribelle che ritorna dalla (non)morte ergendosi più e più volte da un bagno di sangue scarlatto. La scena infatti è animata da Wan stesso e si nota anche dalle tempistiche e dalla gestione degli inframezzi: movimento in atto, visibile e possente, ma che pare sciogliersi nel tempo quasi a renderlo immobile.


Questo è Hades, un dedalo le cui catene si indeboliscono con la caparbietà e con i tesori nozionistici e materiali scoperti grazie alla forzata (e alla forza della) permanenza.

Prossimamente spenderemo due parole sul gioco in sè!

Alessandra Richetto