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“Il metodo analogico dell’era digitale”: la mia esperienza con Bullet Journal

“Il metodo analogico dell’era digitale”, così Ryder Carroll definisce il metodo di sua invenzione Bullet Journal. Carroll aggiunge che non si tratta di una semplice agenda, ma di un modo per “aiutarti a tracciare il passato, organizzare il presente e pianificare il futuro”.

Certo, sembra invitante con questa definizione, come se fosse la soluzione a tutti i probelmi dei disorganizzati cronici; mi sento di dire più che altro che è l’ideale per chi ama avere tuto sotto controllo, e soprattutto per chi è già abituato a tenere regolarmente un’agenda.

Di cosa si tratta?

Il metodo Bujo (abbreviato) si basa sulla personalizzazione totale e libera delle schede di organizzazione, chiamate tracker, su una agenda speciale che non ha né righe né quadrati, solo punti. I tracker servono a tenere traccia di qualunque cosa si intenda registrare: dal cibo agli impegni, soldi spesi e risparmi, bicchieri d’acqua bevuti durante il giorno, ma anche pensieri positivi o negativi con la loro frequenza e il loro contenuto, obiettivi personali e aspirazioni. Insomma, tutto quello che sentiamo la necessità di dover annotare, ma anche tutto quello che concretamente ci serve annotare.

Come dicevo, però, non esiste un metodo univoco di tracciare, sebbene la guida ufficiale dia dei suggerimenti a riguardo. Questa propone infatti come primo step la creazione di un indice da apporre alla prima pagina, e di un key lock, ovvero un codice universale composto da simboli, che ha lo scopo di dare una priorità e una classificazione agli impegni. Va da sé però che per poter fare uso di queste “chiavi” bisogna proseguire con il metodo ufficiale, e quindi, in questo senso, va a perdersi un po’ quella che è la caratteristica principale di questa speciale “agenda”, ovvero la personalizzazione. A riprova di ciò, io queste chiavi le ho segnate, ma non le ho mai usate.

Quello che vedevo su internet erano quaderni meravigliosamente allestiti, con una cura minuziosissima per i dettagli, la calligrafia e i caratteri speciali, ma per quanto io mi impegnassi avevo sempre l’impressione di non riuscire a creare nulla di esteticamente appagante. Poi, tra una matita colorata e l’altra, si è manifestato il bisogno di appuntare qualcosa che mi serviva veramente: le spese.

…qui il mio.

In quel momento ho realizzato che la vera utilità del Bullet Journal è rendere la mente più elastica assecondando la propria creatività, senza necessariamente emulare quella degli altri.

Certo, all’inizio è difficile ricordarsi di annotare tutto quello che ci si è prefissati di annotare, ma col tempo si attua una selezione quasi naturale: le priorità rimangono tracciate, mentre delle cose superflue non si ha quasi più attenzione, mostrandoci in questo modo anche quello che non sapevamo fosse molto importante per la nostra routine. Devo dire poi che aiuta veramente a migliorare la memoria e l’organizzazione in generale.

L’ho trovato oltretutto estremamente rilassante: niente che uno smarphone non possa fare, chiariamoci, ma staccare gli occhi da un dispositivo elettronico per qualche minuto ha indubbiamente i suoi benefici.

Insomma, il Bullet Journal è a mio avviso un ottimo supporto “analogico”, sia che siate degli artisti, sia che, come me, non sappiate mettere due linee insieme per fare un cuoricino.