Un laboratorio di fabbricazione a controllo numerico per lo sviluppo di materiali editoriali interattivi, sia multimediali, sia cartacei. Uno spazio dove produrre, giocare e imparare insieme, che offre servizi per la creazione e fruizione di contenuti e al contempo rafforza identità e coesione sociale.
Un luogo aperto e accogliente dove entrare in contatto con la tecnologia e gli strumenti della comunicazione per accrescere consapevolezza, competenza e autodeterminazione.

Transmedia Storytelling

La “narrazione transmediale“, come scrive Giorgia Pasteris nel suo articolo, è:

Una forma narrativa che, muovendosi attraverso diversi tipi di media, contribuisce a perfezionare ed integrare l’esperienza dell’utente con nuove e distinte informazioni. Ogni medium, veicolando nuove e distinte informazioni, contribuisce allo sviluppo della storia e alla comprensione del mondo narrato. In questo modo l’utente è chiamato a ricostruire il significato complessivo di un’opera integrando vari media.

Centrali risultano quindi i concetti di “testo origine“:

Testo principale che prevede un gap, il quale stimola l’approfondimento guidata anche da parte dell’industria: attraverso pratiche di fandom come siti web, fanzone e video si collabora per riempire i buchi narrativi.

E di “buco narrativo“:

Il testo pigro, che si fa riempire dal lettore. Afferma Umberto Eco: “[Il testo] è un meccanismo pigro […] che vive sul plusvalore di senso introdottovi dal destinatario. […] Vuole lasciare al lettore l’iniziativa interpretativa, anche se di solito desidera essere interpretato con un margine sufficiente di univocità. Un testo vuole che qualcuno lo aiuti a funzionare.” (Lector in fabula, p. 52)

La differenza tra le vecchie narrazioni e quelle nuove costruite da più media secondo Jenkins

Il concetto di Transmedia Storytelling è strettamente interconnesso a quello di Media Franchise. Come indica Marta Gaia Ceccotti nel suo articolo:

Il termine inglese media franchise si riferisce alla costruzione di un marchio che viene sfruttato per diversi prodotti dell’industria dello spettacolo e dell’intrattenimento. I franchise ragionano come un tetris: ogni prodotto si incastra con l’altro, viene progettato in armonia con gli altri prodotti dello stesso franchise.

Anche il Transmedia Marketing è un aspetto di cui tener conto nell’economia globale del discorso. Giorgia Serra nel suo articolo scrive:

Il transmedia marketing si sviluppa a partire dallo storytelling. Questa disciplina fa riferimento a un tipo di racconto in cui la storia si svolge attraverso diversi canali di comunicazione. E in tutto questo processo l’utente ha un ruolo attivo. Per questo lo storytelling è la risorsa principale per sfruttare una strategia di transmedia marketing.

Dal racconto in sè così si passa all’espansione di quel mondo narrativo, fino ad approdare a strategie comunicative e/o di marketing per integrare la narrazione al consumo di storie, alla quotidianità, e all’esperienza transmediale che come un “rastrello” permette al testo originario di essere recuperato o quantomeno riconosciuto attraverso anche solo una delle sue fasi di transizione su più media. In termini concreti alcuni compagni di corso hanno spiegato come avvenga questo processo. Ecco alcuni esempi:

Wizards Unite di Camilla Mansi
Pokémon GO di Marco Panteghini

Gli esperti che hanno integrato le lezioni teorico-concettuali sono stati lo Youtuber Heikudo (Gioele Sasso) con un approfondimento sulle Ucronie e i giochi di narrazione interattiva e Alessandra Richetti con la sua infografica sui Fandom.

Gioele Sasso, in arte Heikudo, con oltre 10.000 iscritti su Youtube

Il prosumer

Il termine prosumer nasce dalla fusione delle due parole producer e consumer.

Tale figura nata nel mondo del marketing per identificare quel consumatore non più passivo svincolato da determinate leggi di mercato e acquisizione, diventa anche il consueto utente delle narrazioni transmediali odierne.

All’interno di uno storytelling transmediale il prosumer, in quanto utente-consumatore, consuma la narrazione trasmessa su i differenti media, sia che una rappresentazione cinematografica di un romanzo o la narrazione del libro stesso, e allo stesso tempo nella sua versione di producer espande con i propri contenuti l’universo narrativo del mondo fittizio di riferimento, mediante quelli che Henry Jenkins chiama cultural activators.

I cultural activators, che rientrano nel settimo principio dello storytelling transmediale di Jenkins, sono elementi che inseriti nella narrazione stimolano la performatività dell’utente e quindi la produzione individuale o collettiva degli utenti.

Immagine di Grace Janet Malerba

Gli stessi ARG, Alternative Reality Games, sono un esempio di storytelling transmediale.

Questi tipi di giochi, che seguono diverse linee narrative, si muovono su media differenti passando dai siti web, blog, ai prodotti seriali fino ad arrivare ad inserirsi nella vita reale. Essi possono essere utilizzati come tecniche di marketing commerciale, come ad esempio l’ARG Secret Life di Reeebook, o per la maggiore affiliazione del fandom a un determinato prodotto culturale ad esempio l’Arg di Lost o quello di Mr. Robot.

Ivan Ruggiero e Rachele Massini