Un laboratorio di fabbricazione a controllo numerico per lo sviluppo di materiali editoriali interattivi, sia multimediali, sia cartacei. Uno spazio dove produrre, giocare e imparare insieme, che offre servizi per la creazione e fruizione di contenuti e al contempo rafforza identità e coesione sociale.
Un luogo aperto e accogliente dove entrare in contatto con la tecnologia e gli strumenti della comunicazione per accrescere consapevolezza, competenza e autodeterminazione.

QUANDO I NUMERI NON BASTANO: LA MORTE DI VINE

In una società fondata su produzione e consumo, il profilo del consumatore ha ormai acquisito la capacità di produrre, creare e distribuire attivamente ciò che prima consumava in modo passivo.
Ciò porta alla nascita di un’altra figura: il Prosumer, colui che è sia produttore sia consumatore.
Basta scavare poco sotto la superficie per accorgersi quanto questo giochi a sfavore della suddetta categoria.
Nel 2015 Raffele Ventura, nel suo “User Generated Culture”, scriveva sul prosumer: “L’esempio paradigmatico è oggi quello dell’utente dei social network. Mezzo producer e mezzo consumer.”.
La creatività è ormai merce, è questo uno dei messaggi dell’autore che, citando l’operato di Diprè, spiega come gli artisti permettano lo sfruttamento del loro lavoro pur d’avere pochi attimi di fama.
Ad oggi è quindi fondamentale il web. Esso, come una lobotomia, ci lascia storditi e pronti allo smodato uso delle tecnologie come i social media, fonte primaria di dati.
La cultura si trasforma così in dialettica industriale per rispondere alle critiche recuperando valori implicitamente richiesti, per poi presentarli sul mercato.
È quando il sistema si ritorce contro uno dei suoi stessi prodotti che possiamo notarne la vera natura.
Esempio lampante fu la chiusura di Vine, piattaforma creata nel 2012 da Dom Hofmann per la pubblicazione di brevi video da 6 secondi. Forniva ai suoi utenti uno spazio per la loro creatività, all’interno del quale creare e guardare filmati d’ogni genere.
Particolarità che venne copiata da Instagram mandando in crisi il social, che nonostante ciò rimase operante con 550miliardi di video visti all’anno e duecento milioni di utenti attivi mensilmente (come riportato su Repubblica.it).
Questi numeri e la sua rilevanza culturale (data proprio dai suoi prosumer) non bastarono a salvarlo dalla chiusura, essi non producevano utili per l’azienda poiché dai valori troppo fluidi ed inafferrabili.
Come lascia intuire l’articolo di Repubblica.it, se il denaro per sostenere questi contenuti si concentra solo in pochi grandi servizi generalisti planetari a scapito dei più piccoli e mirati, con il passare del tempo la ricchezza dell’offerta verrà ridotta. Diventerà perciò incapace di soddisfare le richieste di nicchia,
concentrandosi nuovamente sul guadagno e sulla quantità del prodotto piuttosto che sulla sua qualità.
Come afferma tristemente Ventura, l’illusione d’essere produttori “liberi”di contenuti, resta per l’appunto solo un’illusione.


Flaminia Bucarelli

Fonte: https://www.repubblica.it/tecnologia/social-network/2016/10/29/news/twitter_chiude_vine_il_successo_dei_minivideo_non_basta-150856082/