Un laboratorio di fabbricazione a controllo numerico per lo sviluppo di materiali editoriali interattivi, sia multimediali, sia cartacei. Uno spazio dove produrre, giocare e imparare insieme, che offre servizi per la creazione e fruizione di contenuti e al contempo rafforza identità e coesione sociale.
Un luogo aperto e accogliente dove entrare in contatto con la tecnologia e gli strumenti della comunicazione per accrescere consapevolezza, competenza e autodeterminazione.

Wu Ming

Sotto l’eteronimo di Wu Ming sono apparsi, a partire dagli anni Novanta, una serie di scritti a carattere letterario e politico, opera di cinque scrittori che hanno voluto contrapporre l’idea della libertà espressiva e della non-proprietà intellettuale dell’opera, al sistema dell’industria culturale dominante.
Wu Ming è un “collettivo del collettivo” di scrittori provenienti dalla sezione bolognese del Luther Blissett Project (1994-1999). A differenza dello pseudonimo aperto “Luther Blissett”, “Wu Ming” indica un preciso nucleo di persone, attivo e presente sulle scene culturali dal gennaio del 2000, comprende anche altri progetti, come la punk-rock band Wu Ming Contingent, il blog Giap, l’officina di narrazioni Wu Ming Lab e altri gruppi di lavoro. 
Il loro nome è nessuno, anzi, non ce l’hanno, un nome: in mandarino, Wu Ming significa «nessuno» o «senza nome». 
Invece di farsi le canne, giocare alla playstation, bere birra, rimpiangere i tempi andati come fanno tutti, La Wu Ming crea “Q”, un vero e proprio capolavoro; ha scritto anche libri su storie vere, basati su una forte documentazione, che molto semplicisticamente si potrebbero far rientrare nella «non-fiction creativa». Li hanno chiamati “Oggetti Narrativi Non-identificati”, Unidentified Narrative Objects (UNO). 
In Italia, intorno a loro romanzi e UNO si sono sviluppate forme di fan activism, intorno al loro blog Giap e al loro profilo Twitter è cresciuta una vasta comunità che si dedica a vari esperimenti, narrazioni transmediali, progetti collaborativi, laboratori e seminari, nuovi collettivi e blog, persino nuove associazioni alpinistiche. Un processo già partito negli anni Zero, ma che si è fatto più intenso e ha preso sempre più spinta negli anni Dieci.
https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2016/01/17/dieci-domande-a-dieci-scrittori/
https://www.girodivite.it/antenati/xxisec/_wuming.htm

https://www.wumingfoundation.com/biografia.htm

Il LBP nacque all’incrocio tra diverse influenze: il “marxismo autonomo” italiano, lo zapatismo, la tradizione agit-prop della sinistra, la tradizione delle avanguardie da Dada al Neoismo passando per Fluxus e l’arte postale, e gli esempi  di agitazione culturale che trovammo nel monumentale numero monografico della rivista americana Re:Search dedicato alle beffe, intitolato «Pranks!»
Tutto questo era tenuto insieme da una piuttosto eclettica teoria della “mitopoiesi”, ovvero volevamo creare miti, narrazioni comunitarie che stimolassero l’immaginazione collettiva e la cooperazione.
Il “mito dei miti” era lo pseudonimo collettivo «Luther Blissett», che prendemmo in prestito da un calciatore britannico. Centinaia di persone adottarono e condivisero il nome con l’intento di creare, azione dopo azione, beffa dopo beffa, scritto dopo scritto, la reputazione aperta di un immaginario guerrigliero culturale.
Senza questo intento mitopoietico, la nostra principale attività negli anni del Luther Blissett Project – dal 1994 al 1999 – potrebbe essere sminuita come “fabbricazione di fake news”, ma le false notizie non erano il fine.
Le nostre beffe avevano scopi precisi. Ad esempio, alcune beffe aiutarono campagne di solidarietà a vittime della repressione giudiziaria
Soprattutto, le beffe avevano un aspetto “educativo”, pedagogico, finalizzato al “do it yourself”: eravamo sempre noi a fare “ingegneria inversa” delle nostre false notizie, rivelando pubblicamente che erano beffe e spiegando nei dettagli quali automatismi culturali e quali punti deboli nel sistema dell’informazione avevamo sfruttato. Mariano Tomatis, un mago e storico dell’illusionismo che oggi fa parte della Wu Ming Foundation, teorizza modi di rivelare il trucco dietro un numero di magia che non solo non rovinano il senso di meraviglia, ma lo amplificano. Ecco, per noi una buona beffa mediatica era questo: un numero di magia che trae beneficio dal proprio disvelamento.
Infine, ogni beffa aggiungeva qualcosa alla reputazione mitica di Luther Blissett, e rendeva il chiamarsi Luther Blissett sempre più interessante e stimolante. Adottando quel nome multi-uso, ti sentivi parte di una comunità, condividevi un certo stile, un certo immaginario, persino se non avevi mai incontrato gli altri membri.
Oggi fabbricare “fake news” è più facile che mai. Quel che è sempre più difficile è mantenere quell’equilibrio, quell’aspetto educativo, quel senso di un intento comune, e la fiducia che il pensiero critico non sia nemico del senso di meraviglia, e viceversa.
ROBERTA GRAZIOSO