Federica Iurato e Alessandra Richetto
Per audience, termine ormai utilizzato ripetutamente all’interno del linguaggio commerciale e in particolar modo pubblicitario, si intende tutta quella porzione di pubblico che ha accolto un qualsiasi messaggio diffuso attraverso un mass media, come ad esempio una trasmissione televisiva o un format radiofonico. L’audience è fondamentale per analizzare i dati sugli spettatori con conseguente possibilità di determinare i giusti investimenti pubblicitari e pianificarli in relazione ad un target ben definito di pubblico, offrendo a tutte le emittenti di migliorare la composizione del palinsesto. L’audience media, detta anche ascolto medio, indica il numero di spettatori registrato in un determinato momento o in una determinata fascia oraria, e viene calcolata rapportando la somma dei contatti rilevati per ogni minuto di trasmissione.
In Italia, in particolare, gli indici di ascolto televisivo sono calcolati dall’Auditel, una società nata a Milano il 3 luglio 1984 e che ha iniziato il rilevamento dei dati dal dicembre 1986,basandosi ad oggi su un campione composto da circa sedicimila famiglie.
Nel miasma di individui che assistono a un determinato spettacolo o programma, si identificano 4 tipologie differenti di audience. In primo luogo troviamo gli spettatori nella sua accezione più classica di coloro che assistono senza partecipare attivamente; hanno difficoltà (o non hanno la volontà) di andare oltre la quarta parete a meno che non ci sia un’esca, un trigger, al quale essi possano rispondere in maniera positiva o negativa.
Successivamente abbiamo i partecipi, coloro che vogliono toccare con mano l’esperienza, essere liberi di sperimentare e desiderano avere qualcosa di più di una semplice messa in scena che avrebbero tranquillamente potuto vedere senza uscire di casa. In terza posizione ci sono le spie, coloro che si “intrufolano” ad una presentazione per poter riferire le proprie opinioni a riguardo al proprio gruppo, agendo in tal modo da influencers. La cosa accade spesso, per esempio, nella vita di tutti i giorni, se pensiamo alle volte in cui si dice a un proprio amico “guardalo tu, poi dimmi com’è” o il contrario. Lo stratagemma per gestire le spie risiede nel fornir loro un’esperienza emotiva che li distragga dalla visione analitica che hanno di ciò cui stanno assistendo. Per ultimi abbiamo i VIP, i quali non desiderano una semplice esperienza, bensì avere accesso a sezioni e bonus cui gli altri spettatori non hanno.
Per gestire al meglio questi quattro tipi di pubblico identificabili in qualsiasi bacino d’utenza, la gamification e l’interazione con essi sono le migliori risorse. Di fatto è cruciale conoscere le caratteristiche del proprio pubblico: i loro modelli culturali, cosa interessa loro, perché sono lì e non altrove, quali temi li toccano da vicino e via dicendo. Tutte queste informazioni raccolte tramite la cosiddetta audience analysis, ovvero la ricerca di caratteristiche proprie di un pubblico, possono aiutare a creare un terreno di discussione comune in cui spazi e tempi sono regolati.
Talvolta, quando il pubblico non ha la possibilità di interagire direttamente con lo speaker (o la posizione di rilievo all’interno di ciò cui essi stanno assistendo, la quale potrà essere un autore per un libro o uno showrunner per una serie tv) non significa che essi non possano interagire tra loro (si vedano, per esempio, le dinamiche dei fandom); ma grazie ai social network spesso, per esempio nell’ambito dell’intrattenimento, autori e persone del dietro le quinte sono volentieri coinvolte in opere di audience engagement.
Federica Iurato e Alessandra Richetto
Interactive Storytelling and Art 2019