Giulia Gambini e Federica Iurato
Il termine Viral Marketing nasce nella seconda metà degli anni Novanta con Draper Fisher Jurvetson. Un nuovo, ma non troppo recente, strumento per far fronte al tempo e alla distanza: il marketing virale. Si tratta di un metodo di diffusione di messaggi di qualsiasi genere, mossi da una velocità inestimabile che non permette agli utenti di rendersi conto di cosa stia effettivamente accadendo. Sembra catastrofico, ma in fondo probabilmente non lo è. È una semplice e comune evoluzione dell’“antico” passaparola, ma si distingue da esso per il fatto di avere un’intenzione volontaria da parte dei promotori della campagna. Il viral marketing si basa comunque sull’originalità di un’idea, di un qualcosa che quindi, a causa del suo contenuto, riesce a espandersi molto velocemente rispetto ad una data comunità o popolazione in generale. Quindi, così come un virus, l’idea viene sprigionata e diffusa di contatto in contatto, diventando virale.
Comunque il viral marketing è ovviamente, quasi sempre, riferito agli utenti della rete che, più o meno volontariamente, suggeriscono o raccomandano l’utilizzo di un determinato servizio.
In generale però, un contenuto diventa virale se viene considerato dagli utenti originale, emozionante, divertente; un messaggio virale deve quindi sì far divertire, ma anche spesso far riflettere, piangere, aver paura, arrabbiare.
Come è già stato anticipato, il viral marketing esiste da prima dell’avvento del web marketing ma è grazie a canali come Facebook e Youtube che ha visto crescere la sua importanza.
Oggi è diventato molto importante, soprattutto per diffondere un messaggio che magari pubblicizzi un determinato brand o prodotto, collaborare con gli influencer più seguiti sui social network. Molti di loro, infatti, trascorrono le loro intere giornate a pubblicizzare prodotti di qualsiasi genere, magari anche proponendo dei miseri sconti sul primo acquisto, ed avendo un successo tale da permettere all’azienda in questione di ottenere, oltre ai milioni di visualizzazioni su siti, canali Youtube e altri social, un enorme incremento degli acquisti.
Il viral marketing è quindi un virus che saltella da un corpo (virtuale) all’altro e che permette la diffusione di un messaggio in men che non si dica.
Federica Iurato
Interactive Storytelling And Art 2019
Il Marketing Virale consiste in una tecnica di comunicazione pubblicitaria definita non convenzionale (accanto all’ambient marketing, all’ambush marketing e allo steath marketing) che si basa sul principio della “diffusione per contagio”, del passaparola: così come fosse un virus, infatti, il “contagio” si diffonde in maniera esponenziale.
«Il marketing virale, o semplicemente viral, fa riferimento a tutte quelle tecniche che sfruttano l’esistenza delle reti sociali per diffondere contenuti di diverso genere.»
Si può definire il primo esempio di marketing virale il caso dei gestori di Hotmail che, nel 1996, hanno deciso di inserire alla fine di ogni e-mail che veniva inviata attraverso il provider, la frase “get your free email account at http://www.hotmail.com”. Attraverso questo semplice accorgimento, venivano comunicate, inconsapevolmente, tre informazioni: «l’effettiva funzionalità del servizio, il fatto che fosse gratuito (diversamente da quanto offrivano gli altri provider) e che qualcuno lo utilizzava già».
Il modello di diffusione delle informazioni è, come già accennato, quello “epidemiologico”: i contenuti viral si diffondono, proprio come se fossero un virus, in maniera esponenziale.
Ne consegue, che è fondamentale individuare un gruppo di persone “da contagiare per prime”. Quest’ultime saranno selezionate accuratamente e faranno parte del target di riferimento da cui dovrà partire la “epidemia”. Si tratta di figure che, per molti versi, possono essere chiamate “influencer”, anche se, non con la stessa accezione che si utilizza oggi.
Con la diffusione del web e di Internet, il viral marketing ha avuto sempre più successo: ciò è dovuto, in larga parte al fatto che il passaparola corre molto più velocemente attraverso i canali digitali che attraverso quelli “analogici”; ma anche che i contenuti vengono diffusi contemporaneamente su devices diversi o che le persone sono costantemente e sempre di più connesse.
Puntare sul viral marketing comporta, tuttavia, una serie di rischi: «primo fra tutti la difficoltà dell’azienda di controllare quello che i destinatari fanno dei contenuti che ricevono, a chi li inviano, come li commentano ed eventualmente come i loro commenti possono influenzare la successiva percezione dell’immagine di marca».
Le citazioni tra « » sono tratte da: Ferraresi, “Pubblicità: teorie e tecniche”, Carocci, Roma, 2018, pagg. 303-304
Giulia Gambini
Interactive Storytelling and Art 2019