L’uso del termine postmodernismo fu in voga sino ai primi anni del duemila: con esso ci si riferiva al crollo della modernità – caratterizzata dal positivismo, dalla razionalità e dalla seconda rivoluzione industriale – a favore dell’ascesa del neoliberalismo economico, del capitalismo e della successiva introduzione dei network privati nella televisione europea.
Con la progressiva e sempre più dilagante evoluzione tecnologica; la realtà possibile fu “ampliata” dalla creazione di una realtà digitale condivisa: la nuova realtà digitale, la rete, è disponibile e sempre più accessibile, questo portò al crollo della postmodernità a favore di un nuovo termine quello di ipermodernità, che apre le porte all’iperreale, un mondo fittizio dove la finzione diventa la nuova realtà nella quale navigano gli utenti della rete.
L’ipermodernità si origina dal concetto di iperreale ipotizzato dal filoso francese Jean Baudrillard: l’era contemporanea vive una nuova realtà costituita da simulazione e simulacri, gli avatar digitali di noi
stessi proiettati nel cyberspazio creano l’illusione di vivere in un altra realtà dove tutto è possibile; il mondo fittizio, quello della rete e dei nuovi media, supera la televisione.
L’ipermodernità è quindi il superamento della postmodernità: essa segna una nuova fase dell’evoluzione della modernità, non un suo stravolgimento o superamento, con condizioni di vita del tutto differenti rispetto alle precedenti; essa fonda le sue radici nello sviluppo tecnologico moderno ed nel progresso dell’epoca postmoderna, con un’accelerazione della velocità della vita. Il sistema economico e culturale del’ipermodernità è globale e poche sono le vie di uscita da esso se non un uso più consapevole delle risorse della terra, un uso migliore delle tecnologie che tutti abbiamo a disposizione e di un ritorno ad un tempo umano e non più solo digitale.
Ester Elettra Morelli
Interactive Storytelling And Art 2019