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“La condivisibilità è mettere in connessione le cose” disse Steve Jobs.
Condivisibilità è partecipazione, portabilità, sperimentazione. Significa stare al passo con i tempi. I media oggi ci coinvolgono e ci chiedono di condividere i contenuti; il contenuto è diventato qualcosa di sociale, non più individuale. Non a caso si parla di community, luoghi virtuali dove di solito si esprime il proprio parere o si guarda partecipando solo passivamente.
Ogni opera d’arte o oggetto interattivo trova un terreno fertile per essere condiviso. La rete, in questo, gioca un ruolo fondamentale.
Essendo ormai abituati a sfruttare i devices nella nostra vita, la cultura, l’arte e la scienza li utilizzano per coinvolgerci e renderci partecipi.
La condivisibilità è un’altra delle caratteristiche che imperniano lo storytelling interattivo distanziandolo di un passo in più rispetto alla narrazione classica: la condivisione esiste dai tempi di Omero, la cui opera fu tramandata proprio per trasmissione; l’esistenza delle Biblioteche ha garantito la fruizione e condivisione della cultura; ciò che avviene nello storytelling interattivo è che la condivisione non si ferma più alla sola ricezione ma coinvolge l’attività della produzione di un’opera. Un fenomeno non troppo lontano di tale processo è il fan service, per cui spesso nel cinema o nel piccolo schermo si “accusano” i produttori di aver modificato in corso d’opera le trame a servizio, appunto, delle valutazioni e aspettative del pubblico. Questo non sarebbe possibile se la condivisione non avesse ormai posto, quasi sullo stesso piano, produttore e spettatore.
Anche nell’arte possiamo trovare diversi esempi: l’artista Rirkrit Tiravanija, che trasforma le sue opere in veri e propri momenti di condivisione, e in cui è lo spett-attore ad agire dentro di essa.
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L’arte contemporanea si nutre di condivisione, soprattutto oggi, nel mondo del consumismo, dove l’arte deve far parlare di sé per poter vivere ed espandersi.
Tatiana Dimartino Interactive Storytelling & Art 2019 |